Il Catasto Onciario
Il catasto onciario è un importante documento voluto dal re Carlo di Borbone nella prima metà del XVIII E' una fonte di notizie e dati sulla nostra comunità in quanto "fotografa" la situazione economica e sociale del tempo anche se non è esaustiva. Vengono presi in esame I beni posseduti (terreni- case- bestiame), le rendite, i crediti, i debiti, le professioni, l'impiego dl denaro - la composizione familiare i ricchi i poveri il ceto medio.
Questo complesso lavoro fatto di autocertificazioni (rivele) inizia l'11 ottobre 1741 quando il sindaco Saverio Calendino (calzolaio) porta a conoscenza della popolazione facendo affiggere in diversi luoghi del paese il bando con cui re Carlo ordina che si formi un catasto generale in modo tale che il peso delle "spese .. ordinarie o straordinarie sia con uguaglianza ripartito in modo che il povero venghi a pagare secondo le sue forze comportano ed il ricco paghi a proporzione dei suoi averi".
Il lavoro
di censimento e valutazione delle dichiarazioni termina dopo 9 mesi, il 1 giugno
1742, con la stesura della "collettiva
generale dell'once" (1) in
base alla quale si ripartiscono le tasse da pagare tra le varie categorie di
soggetti. Le cose sostanzialmente non cambiano rispetto al passato nonostante il riordino fiscale in atto, il maggior peso fiscale lo sopportano le categorie dei ceti popolari rispetto al feudatario e alla chiesa in quanto godono dei privilegi e delle esenzioni. I beni feudali sono esenti dall'imposizione fiscale, i beni ecclesiastici posseduti prima del concordato del 1741 sono tassati a metà, inoltre il "patrimonio sacro" dei sacerdoti è esente fiscalmente. (il catasto onciario presenta dei limiti di rappresentazione in
quanto è descrittivo e non oggettivo ossia di natura geometrica).
Dallo spoglio delle dichiarazioni (261) si evince che nel 1742 gli abitanti di Melissa sono 882 - 480 maschi e 402 femmine- la media familiare è di 4 componenti per un totale di 204 famiglie compresi 4 solitari; 188 vivono in casa propria 16 sono in fitto. In merito all'istruzione gli ecclesiastici sono la categoria culturalmente più elevata ma anche gli artigiani hanno una certo grado alfabetizzazione avendo firmato (7 su 13) le rivele. 23 risultano gli scolari figli soprattutto di artigiani e civili. (Nello "stato parrocchiale delle anime" i parroci Giacinto Ferro, Domenico Cristoforo (Arciprete) e Francesco Mazzei avevano dichiarato 988 abitanti - la differenza è di 106 abitanti - non sono stati dichiarati al catasto perché fiscalmente esenti ed in età infantile)
Le rendite provengono dai terreni e dal bestiame in misura minore da case , grotte, magazzini affittati, mulini, trappeti - interessi su prestiti.
Dalle rileve si apprende che le tomolate dichiarate sono 6.959,6 di questi i 2/3 appartengono al feudatario (59,4%) e forestieri; ed 1/3 appartiene ad enti ecclesiastici (28,,2%) ed a privati cittadini. Il 12,1% della popolazione è nullatenente, tutti i 204 capifamiglia possiedono solo il 6,9% dei terreni.
I seminativi ammontano a tomolate 5.000,9 su 6959,6 dichiarate. Viene praticata la rotazione ogni 2 anni di seminativo seguono 2 anni di pascolo. Il grano prodotto viene in maggior misura portato e venduto a Napoli. Il grano consumato in loco viene macinato nei mulini lontano dall'abitato nella zona in cui li torrente "Iurnitu" confluisce col "Lipuda". Sono stati censiti 4 mulini: 1) in località "Passeri" mulino feudale affittato per 56 tomoli di grano annui 2) in località "Noce" di Francesco Filante (calzolaio), anch'esso affittato per 70 tomoli di grano 3) In località Li "Celsi" (Sorvia) mulino feudale affittato. per 65 tomoli di grano annui 4) in Località "Cosco" di proprietà cappella SS. Sacramento (in rovina)
I vigneti dichiarati ammontano
a 176,5
tomolate ed occupano il 2,5% della superficie
dichiarata -
impiantati alla Ponta 49
tomolate; alla Cerza - Vaccavarro (48); Mattulara (23,5); Umbri (16,7); Danile (15,2); S. Cendina (9); Varie (14,8) I
proprietari appartengono a tutte le classi sociali e sorgono su apprezzamenti
inferiori quasi tutti alla tomolata. il maggiore produttore è il feudatario con
12 tomolate con magazzino torre e stalla alla Ponta.
Il bosco copre il 22% della superficie dichiarata 1.598,0 tomolate, situato nella zona montuosa e formato da querceti da cui si ricavano ghiande per i suini, e legna per cucinare e riscaldarsi.
Gli uliveti sono coltivati ai piedi dell'abitato dalle Chiuse al Ru fino al Granatello per 136 tomolate pari al 1,9% del territorio. Oltre a ricavarne dell'olio le ulive si consumano a tavola per companatico. I trappeti situati ai piedi dell'abitato, risultano essere 4, di proprietà del parroco Giacinto Curto, del massaro Angelo Arcuri in località Tavolari e due trappeti feudali (uno vicino al convento Agostiniano e al magazzino feudale " l'altro in località "Li Venuti"). Gli uliveti appartengono soprattutto al feudatario, agli ecclesiastici ed a benefici. I poveri hanno su di essi il diritto di "sbarro" (uso civico), i cittadini possono raccogliere le ulive cadute per terra nella proprietà altrui prima della terza domenica di ottobre e dopo la festa di San Nicola.
In merito al bestiame la nostra comunità nel 1742 dalle rivele risulta che solo il feudatario aveva un discreto numero di suini, equini, e ovini (434) come anche la categoria dei massari disponeva di bovi, vacche, caprini, somari (506) in tutte le famiglie come mezzo di trasporto era diffuso l'asino.
Altre fonte di reddito in un'economia molto povera come la nostra - derivano dall' affitto di case, di grotte, magazzini, trappeti, mulini - solo il feudatario e gli enti ecclesiali potevano erogare dei prestiti in quanto disponevano di liquidità, - chiedevano generalmente il tasso dell'8%.
LE CLASSI SOCIALI
In una economia rurale come quella del 1742 tra la popolazione attiva i bracciali sono la categoria più numerosa (100 capifuoco) prestano la loro attività alle dipendenze altrui - di massari, ecclesiastici, del feudatario con salari poco remunerativi di 15 o 20 grana a giornata, in media posseggono 1,6 tomolate a testa gravate da censi enfiteutici dovuti al feudatario oppure ad un ente ecclesiastico, conducono una vita miserevole.
Altra categoria sono i Foresi cioè coloro che aiutano altri come guardiani di capre, pecore, suini, giumente, sono poco numerosi appena 18 capifuoco perché l'allevamento è poco diffuso.
I massari conducono un esistenza più comoda rispetto alle altre classi, sono 36 capifamiglia e complessivamente possiedono di proprietà 125,2 tomolate di terreni - svolgono attività di masseria, (servendosi di manodopera), sia armentizia capre, vacche, bovi, giumente che agricola. Prendono in fitto terreni (488 tomolate) per la coltivazione del grano e per il pascolo. Ricoprono cariche pubbliche (sindaco). Nella scala sociale sono più in alto dei foresi e dei bracciali.
Gli artigiani capifamiglia sono secondo le rileve 26 che svolgono attività di: calzolaio (8), sarto (9), mastri ferrari (5), fabricatore (2), vardaro (1), barbiere (1). Alcuni di loro impiegano i loro capitali in altre attività come il calzolaio Francesco Filante in località Noce possiede 18 tomolate di cui mezza è vitata, olive e un mulino d'acqua affittato. Da segnalare che Domenico Viola e il figlio Nicolò entrambi calzolai hanno preso in fitto il calcinaio del Vallone sotto il convento agostiniano per conciare le pelli.
I civili, sono sette capifamiglia, hanno complessivamente 65,5 tomolate di terreno di cui 5,5 a vigna, 10,5 a uliveto il resto a seminativo e bosco. in media 9,3 tomolate a testa, una media alta rispetto alle altre categorie. Hanno un titolo onorifico di "magnifici" e fanno parte del ceto medio e ricoprono spesso cariche pubbliche come ad esempio Nicolò Cristofero abitante nella parrocchia S. Giacomo già sindaco ed ora governatore .
Bibliografia: A. Cosentino - Melissa Medievale e Moderna